SOPRAVVISSUTA ALLA MIA AUTOPSIA

La Stampa n. 12/2010

Avete mai provato ad essere reduci dalla vostra autopsia? Con gli ultimi brandelli rimastimi appiccicati alle ossa finisco una immeritata giornata di fiori e ferite ripensando ai perché di un tale scatenamento.
Era evidente che di una diagnosi ci fosse bisogno. La ricorrenza decrepita invitava ad approfittarne. Una marea di autonominatisi anatomopatologi si sono dilettati a frugare tranquillamente le risposte nell’archeologia della mia psiche, della mia memoria, della mia carnaccia sbranabile, del perché e del percome della vita mia. Devoti estimatori, irriducibili avversi, timorosi contestatori, hanno danzato sui loro referti, sicuri di avermi posseduto, oltre che descritto per intero. Se per caso non sapessi il perché delle scelte che ho fatto, adesso avrei un ampio ventaglio di possibilità. Un tale, evidentemente scappato dal manicomio, ha persino detto che ho fatto tutto per strategia. Strategia di che? Fantastico.
A tutti gli uomini vengono affibbiati gli interpretatori delle azioni e dei pensieri. Tutti sono sottoposti all’infamia di non sapersi conoscere. Per questo, la civiltà del farsi gli affari degli altri affibbia a ciascuno la condanna di avere qualcuno che gli spiega il perché delle scelte che prende.
Non è un privilegio del cosiddetto personaggio pubblico essere indagato nelle proprie intenzioni.
Sarà perché non mi sono ancora abituata a sentir parlare di me da parte di chi non ho mai visto, ma mi sento strana. Se tutti insieme volevate farmi effetto, vi accontento dicendovi che sì, mi avete proprio colpito. Non mi riconosco molto nei pareri espressi o nelle interpretazioni, ma questo è di irrilevante importanza. In questi giorni ho assistito alla rappresentazione della mia vita che, mandata avanti e indietro in un videotape impazzito, mi ha fatto girare la testa e non solo. L’accadimento veramente grandioso e commovente è rappresentato dalla valanga di biglietti, mail, fiori, regali, telefonate di tante persone affettuose e sincere che conosco, ma anche che non ho mai conosciuto. Adesso ho settant’anni, ma ieri ne avevo sessantanove. Cos’è? Forse mi avevano cristallizzato in una età indefinita che era certamente più rassicurante per loro che per me. Io è una vita che aspetto di essere vecchia. Adesso ci sono, ma non da oggi. A proposito dell’autopsia… si attendono gli esami istologici. Non subito, perché mi dicono che, purtroppo, la «festa» non è ancora finita.

 

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26 Marzo 2010

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