O MARE NERO

La Stampa n. 21/2010

Il lento suicidio continua. Siamo vicinissimi alla resa dei conti. Troppi segnali parlano della mancanza di desiderio di portare avanti questa razza umana che tanto male non sarebbe, dopo tutto. Continuo a meravigliarmi che esistano persone così scriteriate, così pazze, così egoiste, così prepotenti, così senza scrupoli da tirarci tutti nel baratro. Solo per fare più soldi, sempre più soldi. A me pare di non conoscerne nemmeno uno di criminali di questa fatta. Sì, qualche cialtrone, qualche disperato che però fa guasti piccoli e, forse, più a se stesso che agli altri. Ma ormai anche i danni, come in un agghiacciante gioco al massacro, devono essere in scala mondiale.
“Oh mare nero, oh mare nero, oh mare ne… tu eri chiaro e trasparente come me…” non è più soltanto una splendida canzone, ma una bella chiazza di oscenità nera come la pece, nera come il petrolio, nera come il male. La “cosa” galleggia, si sposta ammazzando ogni tipo di fauna marina e, in seconda battuta, proverà a far fuori anche noi. È la rabbia della verginità violata che vomita da un buco che si è stappato in fondo al mare.
Non è certamente un disastro voluto e, mi auguro, neppure preventivato dalla BP, vero? Non voglio pensare che sia per incuria che una cosa così enorme ci è capitata fra capo e collo. Ditemi che non è così, che il fato ci ha messo lo zampino. Sì, forse sono una sognatrice. Cerco sempre la buona fede in ogni atto umano, non mi voglio arrendere alla realtà, anche se mi hanno fatto diventare pessimista. Ormai osservo tutto quello che mi circonda con uno sguardo amaro, di diffidenza. Non ho più la speranza di insegnare ai miei figli, meglio, ai miei nipoti che se piantano il seme di un alberello quando saranno grandi si potranno sdraiare sotto la sua ombra. Chissà cosa succederà a quel pezzetto di terra e ai sogni di un bambino ancora ignaro del mondo in cui è stato messo. Ci ammazzano e assassinano anche la poesia, pane prezioso senza il quale la vita sarebbe insopportabile. Le irresponsabilità superano la nostra immaginazione, sorvolano la coscienza dei decisori e si ripetono senza coscienza, senza condivisione, senza previsione, senza rimedi.
Rubare ossigeno al cielo del nostro respiro, massacrare patrimoni sull’altare del solito maledetto diodenaro, ignorare il rispetto per l’incolumità fisica e psichica dell’uomo è uno sport evidentemente connaturato. Impossibile estirparlo.

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6 Giugno 2010

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