SIAMO QUELLI DELL’EMERGENZA

La Stampa n. 26/2010

Non la fermiamo la palla che rotola verso il burrone. Proprio non ci pensiamo. Aspettiamo che arrivi giù nel baratro, che si sfracelli, che coinvolga e porti con sé tutto quello che incontra. Allora, qualche volta, interveniamo. Con ricchezze, non solo economiche, che sono mille volte più ingenti di quelle che sarebbero state sufficienti per mantenere in salute, per rispettare la dignità di cose e persone. Così vengono giù i palazzi, viene giù la decenza, viene giù la rispettabilità, viene giù la montagna, viene giù la Sanità, vengono giù gli edifici che ospitano le scuole e viene giù la scuola stessa. Noi siamo quelli dell’imprevisto prevedibilissimo, noi siamo quelli dell’emergenza, noi siamo quelli del bisogno casuale. Ma non c’è niente di fortuito, di inatteso per una mente sana e lucida. Basterebbe una mente, anche la più semplice, non ci sarebbe bisogno di cervelloni, basterebbe una mente, dicevo, che mettesse in atto un po’ di lucida attenzione nei confronti di ciò che merita considerazione e riguardo. Noi siamo quelli dell’emergenza. Ma non siamo soli. Il governo inglese vuol fare una riforma contro lo strapotere degli studenti che è rotolato a livelli inaccettabili. «Maestri con licenza di picchiare». Un po’ come Bond, James Bond. Insomma, cazzotti e righelli sulle dita.
Mi ricordo le risate con le lacrime di un mio caro amico insegnante quando gli chiesi se i ragazzi si alzavano quando lui entrava in classe. Con mio grande disorientamento mi sciorinò un elenco infinito di comportamenti che credevo appartenessero a certi film americani Anni Cinquanta. Invece no. Succedeva. Succede qui e adesso. Come succede in Inghilterra. Chissà cosa ne penserà la regina, nella sua anacronistica, esasperante etichetta. Scenderà in campo con le sue borsettine e i suoi cappellini a mettere un po’ di ordine, uscendo da uno stereotipo antico e frusto? Non credo proprio. Come non credo che da noi si riesca a fare qualcosa partendo dalla radice dei problemi. Noi siamo dei grandi pompieri. Riusciamo a spegnere il fuoco, ma lasciamo cenere, rovine e disperazione. Andando nel piccolissimo, nel particolare, vedo che pochissime persone si occupano del proprio orticello mettendo in atto un sentimento di conservazione. Preferiscono abbandonarsi al deterioramento. È così, siamo così. Però esportiamo la nostra predisposizione, il nostro talento in Inghilterra. Cosa volere di più?

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11 Luglio 2010

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